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Ormai è passato quasi un anno da questa esperienza; ne parliamo solo ora forse perché non è stato un viaggio organizzato da noi, forse perché è stata un’esperienza fuori dai soliti schemi, è stata un’esperienza decisamente più legata al mondo fotografico e all’apprendimento che al viaggio e alla scoperta in sé. Quindi, forse , per tutti questi motivi siamo arrivati a parlarvene dopo 11 mesi.

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A febbraio dello scorso anno, precisamente il 25 e 26 febbraio 2015, siamo partiti alla volta del parco nazionale d’Abruzzo per un workshop di fotografia naturalistica.
Per chi non lo sapesse io e Stefano siamo grandi appassionati di fotografia ed abbiamo seguito dei corsi per migliorare alcuni aspetti legati soprattutto alla fotografia di reportage e di viaggio.

E’ stata una bellissima esperienza, in gruppo con altre 12 persone.
Molto stancante, per via dei tempi e delle dinamiche che, ammettiamolo, per chi non è portato all’attività e all’esercizio fisico, risulteranno sicuramente più complesse. Abbiamo camminato per ore e ore nella neve alta alla ricerca di cascate da fotografare; ci siamo addentrati nei boschi di faggio, facendo attenzione a muoverci in maniera compatta e silenziosa, per cercare di avvicinare il più possibile e di conseguenza fotografare i gruppi di cervi che popolano queste zone boschive; siamo usciti all’alba e scesi con le macchine fino al Lago di Barrea per fotografarlo alle prime luci del mattino e abbiamo camminato su discese ghiacciate mentre cadeva una leggera pioggerellina, fermandoci di tanto in tanto quando da lontano appariva una delle pochissime linci che ancora abitano all’interno del parco nazionale, o un branco di lupi fermo a sonnecchiare sugli speroni rocciosi.

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Siamo stati un pochino sfortunati: la lince non si è avvicinata più di tanto e in alta quota non siamo riusciti a vedere i camosci, cosa in cui invece speravo tantissimo. Adoro vederli saltellare sulla neve.

Durante i due giorni di workshop, siamo stati ospitati dall’albergo “Ai 4 Camosci” , a Civitella Alfedena, paesino medievale immerso nel cuore del parco.

Un episodio che lì per lì ci ha infastidito, ma che oggi a ripensarci ci fa ridere , si è verificato durante il secondo giorno : dovete sapere che la nostra guida, nonché scalatore ed escursionista esperto, aveva un modo di guidare fra tornanti e neve alta più di due metri, decisamente particolare… raramente guardava la strada, era più impegnato a ricercare fra gli alberi e nella valle gli animali da segnalarci. Questo può andar bene quando guidi a 20km/h , mentre lui sfiorava gli 80.
Vi lascio immaginare cosa possa aver patito chi è portato a soffrire il mal d’auto, soprattutto durante un percorso pieno di curve. Ha fatto male addirittura a noi , che arrivati a Passo Godi, dopo 20 minuti buoni di strada che doveva portarci al punto di partenza per un’escursione ad alta quota, siamo scesi dalla macchina e abbiamo deciso di aspettare gli altri in rifugio. Fuori aveva iniziato a nevicare leggermente; inizialmente è stato piacevole, prenderci un po’ di tempo per noi,  bere un tè caldo davanti al caminetto e riprenderci da quella corsa in mezzo alle montagne.
Passata un’ora, abbiamo deciso di uscire a piedi a fare una passeggiata in mezzo a pareti di neve più alte di noi, spararci qualche selfie e guardare i bambini giocare insieme alle proprie famiglie in mezzo alla neve.
Passate due ore, la fame inizia a salire, quindi rientriamo in rifugio e divoriamo 3 pacchetti di patatine in due.
Insomma, alla fine abbiamo aspettato gli altri per più di tre ore, ormai si era fatta quasi notte, i telefoni non prendevano e non avevamo più notizie del resto del gruppo. Tempo di durata dell’escursione : 1 ora/1 ora e mezza , tempo effettivo di durata dell’escursione : 3 ore e mezza. E noi bloccati in rifugio senza alcuna notizia e senza possibilità di muoverci a piedi per tornare in paese.

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Quando finalmente abbiamo visto spuntare la macchina all’orizzonte, il sole era ormai calato dietro le montagne, saranno state le 18. Ci siamo fatti il segno della croce e siamo saliti in macchina pregando il conducente di andare un pochino più piano.
Arrivati in hotel, stanchi morti , ci siamo dovuti rimettere in macchina per guidare fino a Roma.
E’ stato un viaggio a dir poco allucinante, avevamo talmente sonno che non sapevamo se saremmo riusciti ad arrivare a destinazione senza fermarci in mezzo all’autostrada a dormire una mezz’ora.
Alla fine, grazie all’aiuto di una ragazza che stava tornando indietro con noi, son partite le chiacchiere e i 150 chilometri che ci separavano dall’arrivo ci sono sembrati un pochino meno pesanti.

Insomma, è stata sicuramente una bella esperienza, abbiamo fatto e visto tante cose che senza l’aiuto di una guida qualificata forse non avremmo potuto vedere, abbiamo appreso nuove tecniche sulla fotografia naturalistica e visto da vicino vicino dei bellissimi cervi ancora provvisti dei loro enormi palchi; ma ci siamo beccati anche una mega nausea e 4 ore chiusi in un rifugio in mezzo al nulla + 2 ore di macchina con il sonno arretrato di tre giorni.

Questa è stata , fra le altre cose, la nostra prima esperienza di viaggio insieme. Non potrò mai dimenticare Stefano carico di borse ( si, c’è stato un momento in cui ha portato anche la mia roba, attimi di panico) che sprofonda nella neve di mezzogiorno, alta mezzo metro, in silenzio, senza dire una parola, mentre intorno a noi si sente solo il rumore soffice dei nostri passi e delle mie risate.

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