visitare un campo di concentramento
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Visitare un campo di concentramento è una di quelle esperienze nella vita che ti lasciano addosso una consapevolezza che non se ne andrà mai più. Una consapevolezza che è giusto acquisire. Oggi ti raccontiamo la nostra visita ad Auschwitz-Birkenau.



Cosa vuol dire visitare un campo di concentramento?

E’ una di quelle esperienze che ti segnano nel profondo.
Una di quelle esperienze per cui non sarai mai pronto abbastanza ma che in un modo o nell’altro devi affrontare.
Una di quelle esperienze dolorose al punto tale da toglierti il respiro ogni volta che il ricordo ritorna ad una foto, uno sguardo, un albero spoglio lungo quel viale della morte.

Non è stato facile per me iniziare a scrivere un articolo simile ed ho cercato di rimandare il più a lungo possibile.
Forse sono una codarda, perché non ho saputo riguardare nemmeno i pochi scatti fatti all’interno dei due campi, per settimane.

Mentre camminavamo fra i blocchi di Auschwitz e in quella landa di nebbia sterminata a Birkenau, stretti nei cappotti, con il cappello calato il più possibile sulla fronte, quasi a non voler vedere quel che ci circondava, cercavo di scavare dentro di me e mi chiedevo: “perché in questo momento sembra quasi tu sia impassibile?”.
Era una protezione, un modo per affrontare quel che molti hanno paura di affrontare e di conoscere, senza farmi trascinare giù dalle parole sussurrate dolorosamente dalla nostra guida.
Senza soffermarmi a pensare a quanto dolore e quanta morte quella terra ha visto, così come gli alberi, il cielo sopra di noi, anche l’aria che respiravamo.
Ma non è bastato.
Non è bastato affatto.

visitare un campo di concentramento

visitare un campo di concentramento
visitare un campo di concentramento

Una volta risaliti sul pullman che ci ha riaccompagnato a Cracovia, passando attraverso foreste innevate al calare della sera, mi sono resa conto che non avrei potuto riguardare sul telefono le foto scattate, che non avrei potuto parlarne sui social. Ho sentito divampare dentro di me una sensazione di impotenza, un dolore sordo che assomigliava agli occhi privati di anima dei prigionieri nelle foto appese lungo i corridoi dei blocchi di Auschwitz. Ovunque posassi lo sguardo li rivedevo.

Sentivo il freddo nelle ossa e le sentivo quasi spezzarsi, al pensiero di come doveva essere arrivare lì e doversi privare di tutto; non solo dei propri averi ma anche e soprattutto dei propri cari. Aggrappati alla speranza che l’uomo non fosse poi un essere così abominevole, rimanendo solo con un pigiama, a piedi scalzi nella neve e con la morte che sai che ti sta aspettando perché è a pochi passi da te che ti fissa negli occhi.
Non nego che visitare un campo di concentramento mi abbia fatto star male, regalandomi un peso che si è alleggerito solo dopo settimane.
Forse solo ora che ne scrivo.

visitare un campo di concentramento
visitare un campo di concentramento

Ma visitare un campo di concentramento mi ha permesso anche di essere più consapevole.
Consapevole del male che un uomo può fare.
Consapevole delle sofferenza gratuita che un uomo può provare.
Una consapevolezza che è giusto acquisire, nella vita.
E sì, lo sappiamo tutti per sentito dire, grazie alla scuola e ai documentari, che è successo quel che è successo.
Ma andare e vedere con i propri occhi è un’altra cosa, toccare con mano il legno freddo dove le donne dovevano dormire prima di essere portare a morire è un’altra cosa.

Non biasimo la tua paura di andare, ma non ti consiglierei mai di non farlo.
Perché come disse Primo Levi: “se comprendere è impossibile, conoscere è necessario”.

visitare un campo di concentramento
visitare un campo di concentramento

In questo articolo non ti racconterò nello specifico cosa abbiamo visto, cosa c’è all’interno dei blocchi e non inserirò foto dei luoghi più macabri e dolorosi, un po’ perché è giusto andare lì e vedere con i propri occhi ed un po’, un po’ tanto, per rispetto della sensibilità altrui e del dolore di chi l’ha vissuto.
Visitare un campo di concentramento vuol dire anche questo.
Non riusciamo a capire come possano alcuni scattarsi i selfie davanti alle baracche della morte, con il sorriso e le dita che fanno il segno della vittoria.

Ragazzi miei, più che una vittoria voi siete una sconfitta nel progresso dell’umanità.
Lasciatemelo dire.


VISITARE UN CAMPO DI CONCENTRAMENTO : TUTTE LE INFORMAZIONI UTILI

visitare un campo di concentramento

Abbiamo prenotato il nostro tour guidato prima di partire per Cracovia.
Ci siamo affidati ai tour di SeeKrakow , agenzia che si è rivelata molto valida, ed abbiamo pagato il biglietto circa 19€ a persona.

Il tour comprendeva la guida in italiano, il trasferimento con il pulmino dal punto di ritrovo (nel nostro caso dall’albergo essendo molto centrale) al campo di Auschwitz, per poi spostarci sempre con lo stesso pulmino a Birkenau ed essere riaccompagnati a fine giornata di nuovo al punto di ritrovo.
Durante il viaggio verso il campo di concentramento, all’interno del pullman è proiettato un documentario che racconta le atrocità della vita nei campi, la loro costruzione e la situazione di Cracovia durante la seconda guerra mondiale.

Il pranzo non è incluso: ti consigliamo quindi di provvedere il giorno prima a comprare il necessario al supermercato oppure qualche panino già pronto la mattina stessa, se ti trovi in zona centrale, come abbiamo fatto noi.

All’ingresso di Auschwitz ci sono dei controlli molto rigidi ed è necessario passare attraverso il metal detector un po’ come per i controlli in aeroporto. A me hanno fatto storie anche per un burro cacao che avevo in una tasca dimenticata del giaccone. Fai attenzione quindi a posizionare qualsiasi oggetto tu abbia nel contenitore che ti daranno.
Non si possono portare zaini ma solo borsette piccole: io ho portato la macchina fotografica al collo e la busta con i panini a mano.
Il resto potrai lasciarlo sul pullman, che ti aspetterà all’uscita, conclusa la visita.

A Birkenau non ci sono i controlli: potrai quindi rimettere lo zaino in spalla e visitare il campo di concentramento prima di concederti dieci minuti di riposo per elaborare, oltre al dolore mentale, anche la stanchezza fisica.
Non c’è infatti molto tempo per mangiare ed io mi sono ritrovata a fare pranzo alle 16 passate e a bere un tè caldo preso alle macchinette ai piedi della torre d’accesso a Birkenau per tentare di riscaldarmi un po’.
Ho dovuto poi buttarlo praticamente pieno perché sul pullman è vietato mangiare o bere bevande che non siano acqua.

In ogni caso l’organizzazione è stata molto buona, la guida italo-polacca decisamente esperta e ci siamo sentiti “accompagnati” per tutto il tempo in questa dolorosa scoperta dalle sue parole quasi sussurrate.

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Organizzare la visita da soli ai campi di concentramento è possibile? 

Sì, lo è.
Ma è molto più difficile poiché è necessario arrivare a Oswiecim con il treno da Cracovia, raggiungere il primo campo e poi spostarsi per 3 chilometri verso Birkenau.
Inoltre, mentre l’ingresso a Birkenau è libero, quello ad Auschwitz è possibile solo con una guida da prendere sul posto perché sono necessarie delle spiegazioni per capire al meglio come muoversi e cosa si sta osservando.

Se ti interessa conoscere qualcosa in più su Cracovia, per organizzare il tuo weekend, qui trovi gli articoli su cosa vedere e dove mangiare in città.


Spero vivamente che questo articolo non sia andato a ledere la tua sensibilità.  
Intorno al giorno della memoria uscirà un video che abbiamo girato all’interno dei due campi. 
Un video non parlato, dove ti mostriamo qualcosa in più di quella che è stata l’esperienza del visitare un campo di concentramento. 

Perché il passato non debba ripetersi, mai. 

Scritto da:

inworldshoes

Lucrezia, 27 anni.
Appassionata di viaggi e fotografia. Sempre alla ricerca di un modo per partire alla scoperta del mondo... e raccontarlo.